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martedì 4 gennaio 2011

Riformate e Vivete


La ripresa dei lavori parlamentari incombe e con essa l’avvio di un mese decisivo per le sorti della legislatura.
In attesa che escano allo scoperto i famosi otto deputati che dovrebbero puntellare la maggioranza alla camera, il terzo polo fa i conti con un’amalgama che non si trova.
Se la grana delle divergenze bioetiche può essere disinnescata (per ora) appellandosi alla libertà di coscienza e la patata bollente della riforma universitaria (affrontata non proprio brillantemente) è ormai alle spalle, all’orizzonte si profilano nuove prove, non solo parlamentari (vedi le alleanze per le prossime amministrative) che potrebbero portare allo scoperto altre linee di frattura.

E, al di là delle diverse vedute sui singoli provvedimenti, anche sulla strategia a medio termine si registrano prese di posizione che non sembrano proprio facili da armonizzare.
L’ultrà-violetto Granata rilancia la “fine del Berlusconismo” come ragione sociale unica di FLI,  ma da altre aree del terzo polo (paradossalmente proprio da quelle che non devono la loro presenza in parlamento ad un simbolo con scritto “Berlusconi Presidente”) arrivano parole di tutt’altro tenore: appena quattro giorni fa Cesa si è dettopronto a collaborare con Berlusconi se si mostrerà aperto alle proposte in Parlamento”.

Ovviamente non si tratta di un impeto di ritrovato amore dei centristi verso il premier, ma di un effetto della  “pace per forza” scoppiata dopo il doppio voto di fiducia del 14 dicembre, che ha sancito, almeno  per il momento, che l’unica alternativa allo scioglimento delle camere è il governo in carica, e, dato che le elezioni non le vuole nessuno, la spallata a Berlusconi appare meno attraente che in passato.

In questo scenario se il governo vuole consolidare il suo vantaggio (che, per adesso, è puramente  congiunturale e può evaporare da un momento all’altro) deve accelerare sulle riforme: giustizia e fisco in testa. Non è più tempo di puntate prudenti, da adesso in poi ad ogni mano ci si gioca la permanenza al tavolo. Fisco e giustizia sono nodi su cui il paese aspetta risposte da tempo e vanno affrontati immediatamente per avere delle ragionevoli speranze di scioglierli entro fine legislatura.

Ma ci sono altri buoni motivi per agire:  un esecutivo impegnato a togliere dalla schiena del paese un po’ della zavorra che si porta addosso è l’unica garanzia che il trend positivo evidenziato dai sondaggi sul finire del 2010 non si invertirà. E quanto più i sondaggi premieranno l’alleanza di governo, tanto meno aleggeranno nel palazzo strane idee di imboscate e sgambetti, perché ogni scossone rischia di portare tutti dritti alle urne.

Non è tutto: un’accelerazione riformatrice avrà anche l’effetto collaterale di far venire a galla le tante contraddizioni interne al terzo polo e in particolare a FLI i cui parlamentari, messi davanti a progetti e proposte coerenti con lo spirito del programma del 2008, non potranno far altro che dividersi tra chi in quegli obiettivi continua a credere e chi li persegue solo a parole, come “copertura” per quella ragione sociale unica brillantemente illustrata da Granata.

Non è il momento di perdersi in chiacchiere, il governo eviti di arenarsi in polemiche autoreferenziali sulla sua sopravvivenza (durerò, non durerò, c’è l’allargamento, non c’è l’allargamento), cerchi di parlare meno di se stesso e di promuovere iniziative su quei temi di peso che possono infilarsi come un cuneo tra le divisioni dei suoi avversari e mandarne in frantumi la fragile unità.

Oggi più che mai il governo dura se fa. E’ questo il tema del secondo tempo della legislatura. Come diceva il console romano Quinto Ario in Ben Hur: “remate e vivete”, altrimenti le profondità delle acque vi aspettano.

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