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martedì 17 aprile 2012

Il Nemico Pubblico




Siamo nei guai”, così Bersani ha commentato i dati dell’ultimo sondaggio Swg che dà il movimento 5 stelle di Beppe Grillo sopra al 7%.
Siamo nei guai caro Bersani, hai ragione, ma l’antipolitica, quella che “spazza via tutti”, non è la causa del male, bensì una delle sue conseguenze più prevedibili.
Mai era successo di parlare con persone di estrazioni e condizioni sociali lontanissime, nonché di idee politiche diverse se non opposte e sentirsi dire sempre di più la stessa cosa: ci stanno succhiando l’anima (comunemente si direbbe “succhiare il sangue”, ma in molti casi il sangue è  finito e ci si attacca all’etereo, almeno per chi ci crede).

La politica del governo Monti, per quanto si è visto in questi 5 mesi, è di quelle tipiche che in altre epoche storiche gli stati “conquistatori” adottavano nei confronti dei popoli sottomessi con la forza, popoli di nazioni ritenute ostili.
Il succo è che lo Stato, questo Stato, rappresentato da questo governo e da questa politica, rappresentante del “pubblico” nelle sue varie emanazioni, è oggi a tutti gli effetti un nemico del popolo le cui sorti è chiamato ad amministrare.
E in uno scenario simile tutto ciò che viene visto e vissuto come “anti” acquista immediatamente attrattiva. Anche se non ha niente di utile o di ragionevole da proporre come alternativa. Anche se si chiama Beppe Grillo.

Una volta le guerre tra stati “avanzati” si combattevano con le baionette o con i carri armati, nell’Europa di oggi governi di paesi sovrani (tra i quali tristemente anche l’Italia) sono stati deposti e rimpiazzati con l’arma della finanza, di quei “mercati” di cui tutti parlano cercando di piegarne le logiche alle proprie convenienze di bottega, ma che in fondo nessuno dimostra di capire e di cui pochi sono in grado di influenzare consapevolmente scelte e umori.
Oggi al posto di quei governi, certamente non esenti da colpe ma con il pregio di essere il prodotto di libere elezioni e di rispondere al popolo che li aveva votati, siedono tecnocrati eletti da nessuno e scelti nel chiuso di qualche salotto, che agiscono non si capisce bene in nome, e soprattutto per conto e nell’interesse di chi.
Lungi da questo blog indulgere in tesi complottiste, ma è sotto gli occhi di tutti che mentre l’Italia, dopo diverse decine di miliardi di manovre lacrime e sangue, si ritrova oggi a vendere i suoi titoli di stati ad interessi da suicidio (vedendo sia il famigerato spread, che il valore del proprio mercato azionario, tornare ai livelli dello scorso autunno) la Germania i suoi titoli li piazza a poco poco più dell'1%, mettendo al sicuro il proprio rating dopo la preoccupante asta dei Bund dello scorso novembre.
A chi sta convenendo la politica recessiva e depressiva che si sta conducendo in alcune aree dell’eurozona?

Non è certamente all’Italia che la politica del governo Monti conviene.
Il male italiano è il debito pubblico messo insieme negli anni ‘80 con la politica del tassa e spendi, che si legge “tassa tanto e spendi di più”, risultato: per quanti soldi tu possa mettere in cassa il bilancio sarà  sempre più in rosso: 2000 miliardi di euro è l’ultima stima del debito, 32,000 euro sulla testa di chiunque viva nel belpaese, neonati inclusi.
La risposta del nostro governo alla crisi del debito qual è stata? La parola sulla bocca di tutti è “riforme”, ma la linea tenuta fin qui, quando si è trattato di “cassa”, è stata all’insegna di una continuità quasi perfetta con la logica che ci ha portato a questi numeri da precipizio.
Il professor Monti ha detto all’alba del suo mandato di non voler vedere l’Italia sempre e solo come fanalino di coda dell’Europa, e su una cosa ci è riuscito, oggi abbiamo qualcosa che perfino gli scandinavi possono invidiarci: le tasse, sempre state alte da queste parti ma arrivate oggi a livelli da far impallidire perfino Svezia e Finlandia.
Per contro il ministro Giarda si rallegra del fatto che grazie alla tanto sbandierata “spending review” la spesa pubblica non aumenterà. Di tagliarla naturalmente non se ne parla nemmeno, quindi non aspettatevi tesoretti, spiacente, chiedete altrove.

Siamo passati dal “tassa tanto e spendi di più” al “tassa di più per spendere come prima”. Questa sarebbe la politica coraggiosa che avrebbe dovuto restituire futuro e orgoglio agli italiani?

Se l’Italia ha un problema di debito non è certo per una carenza di gettito, ma per le dimensioni abnormi di una spesa statale che è la vera anomalia di questo paese. Per mantenere intatta questa anomalia e continuare a tenere in piedi, senza farla dimagrire nemmeno di un grammo, una macchina dello stato elefantiaca che vive esclusivamente per mantenere se stessa e non per offrire servizi a chi la paga, questo governo sta letteralmente macellando interi settori della nostra economia privata, facendo cose che nessuno si era mai sognato di fare.
Chi ha capito, nei limiti della confusione che la circonda, come funzionerà e su cosa si applicherà l’IMU, rivista e corretta dagli illustri cattedratici che siedono intorno al tavolo di Palazzo Chigi, sa che in confronto le politiche  di Vincenzo Visco (“Dracula” per gli intimi) negli anni di Prodi erano degli esempi di reaganismo.

Tutto questo per cosa? A poco serve aumentare le aliquote, rivalutare le rendita catastali, inventarsi una tassa nuova al giorno (le ipotesi recenti sulla benzina e gli sms sono esempi di una fantasia che pare non conoscere limiti e che forse non ci ha ancora mostrato il “meglio” di sé)  se poi le aziende e le attività autonome piccole e grandi, che già non se la passavano bene, finiscono col restarne definitivamente strangolate e alzano bandiera bianca.

Alla Bocconi forse nessuno l’ha spiegato di recente, ma un imprenditore non va a chiedere i soldi in banca per pagare le tasse allo Stato. Preferisce chiudere o, in casi sempre meno estremi visto il loro continuo aumento, suicidarsi.
E le imprese chiuse (così come gli imprenditori morti) di tasse pagano euro 0.00, qualunque siano le aliquote stabilite nei palazzi romani.
Ci pensi il professor Monti nelle sue lunghe sere passate a fissare il pallottoliere.

E ci pensino anche tutti quelli che sostengono in parlamento questo governo, a cominciare da quello schieramento di centrodestra, finalmente (?) ricompattato sotto insegne che niente hanno a che vedere con le politiche liberali.

Ci pensino, altrimenti alle prossime elezioni certamente non voteremo per Grillo, ma, se lo mettano bene in testa, nemmeno per loro.