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giovedì 27 gennaio 2011

Magistratocrazia



In Italia non comanda nessuno”. Capita di dirlo in un paese come il nostro che ha il vizio di vedere un dittatore dietro ogni angolo, con la conseguenza che il potere decisionale, così come la responsabilità, è polverizzato, disperso in centinaia e migliaia di rivoli, nessuno dei quali è in grado di incidere sulla direzione in cui si muove il paese.
La frase è certamente vera per la politica che, chiunque vinca le elezioni, difficilmente riesce a spingere la sua azione oltre i confini di un continuo tira e molla con una miriade di sigle, associazioni, confederazioni, tutte con qualche santo in paradiso. E, vista la necessità di non scontentare nessuno, le decisioni si riducono quasi sempre compromessi al masSimo ribasso che, quando va bene, spostano qualche zero-virgola da una colonna a quella adiacente. 

Ma c’è una categoria, quella togata, che vive in una dimensione tutta sua e, bisogna ammetterlo, detta l’agenda del paese con molta più incisività di qualunque governo del passato e del presente.
Prendete quello che sta accadendo in questi giorni: fino a qualche settimana fa discutevamo di università, di sviluppo, di riforme. Oggi qualche titoletto sparso qua e là ci ricorda che in queste ore si decide la sorte di un provvedimento “qualificante” come il federalismo, ma i giornali, le trasmissioni televisive, i tg, parlano di tutt’altro.
Il cambio di agenda l’ha deciso un gruppetto di magistrati di una nota Procura della Repubblica che prima ha fatto ricorso chiedendo ad altri magistrati (quelli della Corte Costituzionale) di togliere di mezzo la legge sul legittimo impedimento e, appena ottenuta la luce verde, ha inondato il paese con non meno di 400 pagine di intercettazioni sulla vita privata del Premier di nessuna rilevanza penale, ma che lasciano l’imbarazzo della scelta anche al più imbranato dei titolisti.
Il mondo dei media però, si sa, divora tutto in fretta e, malgrado la considerevole mole del tomo, negli ultimi giorni gli spunti iniziavano a scarseggiare. E così ieri sono arrivate altre 227 pagine, tanto per garantirci di essere coperti almeno per il week end.
E c’è da scommettere che il flusso non si fermerà, seppellendo il dibattito politico sotto una fanghiglia di chiacchiere private buone solo per sentenze da bar.

Domanda: Nella disgraziata ipotesi in cui anche questa inchiesta bomba-atomica si riveli una miccetta spenta, qualcuno pagherà per aver accusato senza prove, destabilizzato gli equilibri del paese, messo alla berlina indistintamente imputati, persone informate sui fatti e passanti e speso una valanga di soldi?
Risposta: No. E’ l’unica certezza che abbiamo nella giungla di ipotesi in cui ci muoviamo, perché la classe togata gode di un’impunità quasi assoluta. E’ l’unica che si autogiudica e dimostra di essere particolarmente comprensiva con se stessa: su circa 1500 denunce che ogni anno investono la categoria oltre il 90% non arrivano neanche sul tavolo del CSM. Quelle poche che passano la selezione vengono ulteriormente decimate grazie ad una media di proscioglimenti che si aggira intorno all’80%, il resto si divide tra ammonizioni e censure, che portano conseguenze zero all’interessato. Su 1000 casi che arrivano a Palazzo dei Marescialli (nell'arco di 7-8 anni) in media solamente uno o due costano il posto a qualcuno. Numeri che fanno impallidire anche quelli dei bocciati agli esami di maturità. (*)

Il CSM, organo di autogoverno della magistratura, non è che un prolungamento della mano dall’Associazione Nazionale Magistrati, potentissimo sindacato che può contare sul tesseramento di quasi il 95% dei membri della categoria (caso probabilmente unico nel mondo occidentale).
L’ANM ha uno statuto che prevede sanzioni per i magistrati che (art.9) secondo il parere dei Probiviri, con il loro comportamento recano discredito all’Ordine Giudiziario.
E meno male. I magistrati devono pur sempre dare l’esempio, no?
Aspettate ad esultare, perché (art.11) “Il parere del Collegio dei Probiviri vincola la decisione del Comitato Direttivo Centrale solo nel senso favorevole al socio sottoposto al procedimento”. Cioè: Il parere è vincolante solo se è assolutorio, altrimenti si rimanda tutto a data e luogo da destinarsi. Altro che casta. La tanto vituperata classe politica al confronto è fatta da ingenue verginelle con un più che spiccato senso del pudore.

A coprire ulteriormente le spalle ai togati ci ha pensato anche il legislatore. La Legge Vassalli, che in teoria avrebbe dovuto recepire il risultato del referendum del 1987 sulla responsabilità civile dei magistrati, ne ha in realtà completamente disinnescato gli effetti con paio di righe (art.2), scritte sotto dettatura della categoria: “nell’esercizio delle funzioni giudiziarie non può dar luogo a responsabilità l’attività di interpretazione di norme di diritto né quella di valutazione del fatto e delle prove” vale a dire che qualunque cantonata presa nel corso delle indagini e del dibattimento rimane impunita per legge, salvo che si dimostri il dolo, che non si dimostra mai. Amen.

Ma l’appetito vien mangiando: perché limitarsi a condizionare le scelte e l’agenda di una  politica ormai prona, o a decapitarne selettivamente le classi dirigenti, quando si può entrare negli ovattati palazzi in prima persona? E così negli ultimi anni assistiamo al fenomeno di magistrati che prima si guadagnano la notorietà indagando sulla politica, per poi farsi mettere in lista e sfidare sul terreno del consenso quegli stessi politici che erano stati oggetto delle loro indagini.
Così il cerchio della magistratocrazia si chiude. Quanto più la politica continuerà a farsi commissariare, tanto più questo cerchio assomiglierà ad un cappio.

In Italia negli ultimi anni i giudici hanno goduto di un grado di potere unico nel mondo occidentale. Un potere che non fa bene alla democraziascriveva, nel 2008, il Financial Times, che così concludeva  "una legge  sull'immunità renderebbe la politica italiana meno litigiosa e più democratica. Il fatto che Berlusconi potrebbe schivare qualche processo grazie ad essa è il solo motivo per non farla, ma non è sufficiente". Chissà se chi si riempie quotidianamente la bocca del verbo della stampa estera si ricorda anche questa di citazione.


(*) Dati tratti da "Magistrati L'Ultracasta" di Stefano Livadiotti.

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