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lunedì 3 gennaio 2011

L'Atomo Sfuggente


Un ubriaco senza patente si schianta a velocità folle con la sua macchina provocando ogni genere di danno a cose e persone. Una scena che purtroppo si ripete con triste regolarità e non stupisce più nessuno. Ma come reagiremmo se qualcuno, commentando un incidente del genere, chiedesse di mettere al bando le auto? Come minimo gli consiglieremmo un lungo soggiorno nel più vicino centro di igiene mentale.
Eppure può succedere che un’intera nazione si comporti allo stesso modo e che dopo quasi un quarto di secolo fatichi ancora a rendersene conto.

Per non essere vaghi: quel paese è l’Italia. Poco meno di un quarto di secolo fa l’incidente di Chernobyl innescò un processo del tutto irrazionale che ci portò a buttare giù per lo scarico strutture, progetti in fase avanzata, competenze di prim’ordine ed investimenti miliardari.
L’Italia decise di disfarsi in fretta e frutta della sua tecnologia nucleare, frutto di decenni di sviluppo sul campo, a causa di un’esplosione in un reattore ucraino, praticamente privo di misure di sicurezza, senza una struttura di contenimento e gestito da personale impreparato. Insomma l’equivalente dello schianto di un ubriaco senza patente.

E così da allora, per dirla con le parole di un amministratore delegato dell’ENEL, “alimentiamo le nostre centrali a Chanel n.5”, cioè con il mix energetico più costoso del mondo: petrolio e gas. Con il risultato che l’energia ci costa il 30% in più della media europea e che, dato che i rigassificatori ci stanno poco simpatici, dipendiamo da una ristretta cerchia di paesi non proprio tra i più stabili ed affidabili del globo.

La decisione di investire di nuovo sul nucleare è stata una svolta nella direzione di una maggiore indipendenza energetica, ma non basta approvare una legge per concretizzarla. Recuperare il gap tecnologico richiederà degli anni, ma è bastato leggere ed ascoltare, in questi mesi, le reazioni dei soliti ambientalisti illuminati per capire che il gap più urgente dal colmare, se non vogliamo che l’obiettivo ci sfugga ancora, è di natura culturale.

Un primo passo in questa direzione è stata l’apertura del Forum Nucleare Italiano. Un luogo dove finalmente si affronta la questione nel merito. Fin quando si ragiona solo in termini generici, senza far parlare dati, fatti e numeri, è troppo facile per i venditori di luoghi comuni spacciare il loro fumo per verbo rivelato.

E di luoghi comuni da sfatare ce ne sono tanti: “Il nucleare inquina”. In un paese in cui si vive di solo petrolio più che un’obiezione  sembrerebbe una battuta di spirito, ma è un tema che va preso sul serio.
Non esistono fonti energetiche non inquinanti, agli scarti della produzione di energia mediante il nucleare abbiamo però dato un nome, "scorie", che ci fa una gran paura. Anche solo l’idea di un cucchiaino di scorie, stoccato chissà dove, ci sembra qualcosa di maledettamente più pericoloso delle tonnellate di CO2 che immettiamo in atmosfera quando bruciamo combustibili fossili e che già oggi avvelenano l'aria che respiriamo, causano malattie letali e, secondo molti (non tutti)  sconvolgono il nostro clima.
Per non parlare di quando accadono incidenti come quello nel Golfo del Messico e la materia prima finisce direttamente in mare, causando disastri devastanti.

Giovanni Lelli, dell’ENEA, ha affermato che in 60 anni di funzionamento i reattori previsti dal programma italiano produrranno una quantità di scorie pari ad un cubo del lato di 30 metri. Domandiamoci quanti miliardi di tonnellate di gas inquinanti immetteremmo in atmosfera per ottenere la stessa energia con gas e petrolio.

L’altro mito duro a morire è che “i paesi avanzati il nucleare l’hanno salutato da un pezzo ed investono solo in rinnovabili”. Chi pensa di risolvere la questione dell'approvvigionamento energetico con le rinnovabili non ha chiari i termini del problema. Le rinnovabili come il solare fotovoltaico hanno un contributo importante da dare, ma non possono sostituirsi a tutto il resto, sia per una questione di costi che di potenzialità. A parità di energia prodotta un parco solare occupa 1000 volte la superficie di una centrale nucleare.

Si parla spesso di Germania e Stati Uniti, ma si dimentica di dire che pochi mesi fa il Bundestag ha deciso di rinviare la chiusura dei reattori attualmente funzionanti (decisa dalla ex maggioranza socialdemocratica nel 2000) dal 2022 al 2035. E da qui al 2035 succederanno molte cose.
E ci si dimentica anche che l'amministrazione Obama, a 30 anni dall'incidente (senza conseguenze) di Three Mile Island, ha finanziato la costruzione di due nuove centrali in Georgia.

In Italia siamo specializzati nel ridurre sempre qualunque problema ad una guerra di religione e siamo abituati a parlare per dogmi. E' un'attitudine poco pragmatica che non ci ha mai aiutato e in termini energetici ci è costata molto cara. La nascita di luoghi come il Forum Nucleare Italiano può essere un'occasione per spostare finalmente il discorso dai dogmi ai fatti.

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