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martedì 14 dicembre 2010

Quelli che Aspettano il Tramonto


Vada come vada è difficile pensare che questa legislatura possa avere uno sbocco diverso dalle elezioni anticipate in primavera.
I leader dell’opposizione ieri hanno avvertito Berlusconi “dove vai con uno o due voti di maggioranza?”. Verissimo, sempre ammesso che questi voti ci siano, e non è scontato.
Ma la domanda si può rovesciare: se la sfiducia passa dove vanno Bersani, Fini e Casini con uno o due voti di maggioranza in una camera sola? Poco lontano, specie considerando che si tratta di voti di forze politiche che riescono a sommarsi solo quando parlano di quello che non vogliono (cioè di Berlusconi a Palazzo Chigi. O, per alcuni di loro, in qualunque altro angolo del campo visuale).

Su un’altra cosa gli sfiducianti, da Rosy Bindi, a Veltroni, a Bersani, si fanno eco a vicenda: Con il voto di oggi tramonta il Berlusconismo.
Mi piacerebbe aver 1 euro per ogni volta che qualcuno ha sentenziato che Berlusconi era alla fine del suo ciclo politico. Il futuro non lo conosciamo, ma il passato si, e il passato ci dice che finora a tramontare sono stati i “tramontisti”.
Qualcuno potrebbe osservare che personaggi come la Bindi e Bersani già da anni sono crepuscolari anche la mattina presto, quindi, se tramontassero, la differenza sarebbe roba da “settimana enigmistica”, non la noterebbe nessuno. Ma chiunque sarebbe cupo e un po’ spossato al posto loro: una notte in bianco in attesa dell’alba lascia i suoi segni, figuriamoci 16 anni ad aspettare lo stesso tramonto. Una giornata molto lunga.

Chi sarà a tramontare stavolta? Vedremo.
Come al solito però i discorsi dei “democratici”  non fanno i conti con la democrazia: difficile parlare di tramonto di un leader quando, se ci fossero le elezioni la prossima primavera, sarebbe proprio lui l’unico a poterle vincere, mentre gli altri dovrebbero correre per un nulla di fatto al senato. Nessuno di questi signori ha ancora capito che per avviare davvero Berlusconi sul viale del tramonto bisogna batterlo alle elezioni, non basta un voto di sfiducia in parlamento. Questa è una “cura” che può essere sufficiente per togliersi di mezzo personaggi come Prodi, senza un partito né un popolo alle spalle, ma non certo a neutralizzare chi, appena pochi mesi fa, ha dimostrato di poter vincere le elezioni regionali da solo.

Che nemmeno i tramontisti credano nel tramonto del caimano lo dimostra il fatto che di elezioni anticipate non vogliono nemmeno sentir parlare, al punto che sarebbero disposti a varare un governo con “tutti dentro” pur di evitarle (un governo che farebbe impennare i consensi del PdL come nemmeno la miglior campagna elettorale degli ultimi 150 anni potrebbe fare).

Cosa fare allora? In fondo ha ragione chi dice che non è un voto in più che consente di governare, ma l’esito della conta in aula non è indifferente: chi esce sconfitto avrà maggiori difficoltà a gestire il “dopo”.
Un patto con FLI o UdC (che sarebbe l’unico modo per avere una maggioranza numericamente degna di questo nome) esporrebbe comunque  l’esecutivo ai quotidiani ricatti di Fini o di Casini che, non dimentichiamolo, oggi come oggi non mirano né alle riforme né alla cosiddetta “nuova agenda economica”, ma unicamente a mettere in naftalina l’uomo che da 15 anni li relega al ruolo di violini di spalla (anche se non è da sottovalutare la voglia matta dei due di fregarsi a vicenda, e questo potrebbe aprire degli scenari inattesi).

Quindi meglio evitare di riporre troppa fiducia in accordi che nasconderebbero quasi certamente delle trappole. Visti i numeri stretti in parlamento, e l’inaffidabilità degli eventuali compagni di viaggio,  di alternative vere alle elezioni se ne vedono poche. Non è detto che sia un male. In fondo è quella l’unica conta che…..conta.
Anche per dare ai nuovi tramontisti la possibilità di tramontare, che è poi da sempre quello che sanno fare meglio.

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