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giovedì 9 dicembre 2010

Discontinuità 2.0


Chi pensava che la “quota 317” fosse un bluff dei finiani per nascondere la gran paura della conta in aula ha trovato una conferma nelle parole di ieri di Italo Bocchino che, come se niente fosse, ha offerto a Berlusconi un reincarico in 72 ore se il premier si dimetterà prima del 14 a condizione che accetti “una nuova agenda economico-sociale” (che, come tutte le formule che possono voler dire tutto, non significa niente) e una ”modifica alla legge elettorale” tutta da discutere.
Insomma, quelli della “fine del berlusconismo”,  del “centrodestra europeo contro quello sudamericano”, quelli della mozione di sfiducia insieme all’opposizione, quelli che a Bastia Umbra erano più antiberlusconiani di Di Pietro, quelli del “Che fai, mi cacci?” scritto sulle magliette, sembrano pronti a rientrare nei ranghi passando attraverso una crisi pilotata tipo quella del 2005. Niente più crisi al buio.

C’è da fidarsi? Risposta chiara e semplice: no.
Il cambio di rotta dello stato maggiore di FLI (sempre che non sia una trappola) non è dettato né da un ripensamento, né da un improvviso, ritrovato, spirito di coalizione, ma semplicemente dal timore di non avere i numeri per vincere in aula, magari di ritrovarsi il gruppo spaccato, oppure , nel caso in cui la sfiducia passasse, di non poter evitare le elezioni, dato che al senato la maggioranza, a quanto pare, tiene.
Insomma, tra paura della sconfitta e terrore della vittoria, l’unica via per uscirne è l’annullamento del match.

Come si fa a fidarsi di qualcuno che rinuncia a colpirti solo perché non è sicuro di poterti fare abbastanza male? E’ chiaro che alla prima occasione utile ci riproverà. Se Fini tornerà indietro in “pace” lo farà seppellendo l’ascia di guerra dove sarà più facile da dissotterrare al momento opportuno.

Anni fa c’era qualcun altro che faceva “l’antagonista” pur dicendosi animato dalle migliori intenzioni.
Qualcuno che dicevaQuesto non è il centrodestra dei miei sogni. E il presidente del Consiglio non è De Gasperi. Insisto. Alla peggio andrò a casa. A sinistra no”.
Qualcuno che parlava di discontinuità, di rinnovamento del centrodestra per renderlo più forte, vincente, europeo.
Qualcuno che ritirò la delegazione dei ministri e chiese e ottenne un Berlusconi Bis.

L’abbiamo già visto questo film e non è stato un bello spettacolo. Un remake rischierebbe di lasciare la sala vuota.

Ma se proprio si vogliono evitare le elezioni (che sarebbero la via più sana, anche se magari non risolutiva) l’eventuale nuovo patto di legislatura va scritto sulla pietra - in modo che nessuno possa sottrarsi a costo zero se e quando gli farà comodo – con una chiara assunzione di responsabilità in parlamento e davanti al paese che non lasci spazio alle ambiguità, niente a che vedere con la fiducia all’acqua di rose di settembre.
E i bizantinismi di palazzo dobbiamo proprio dimenticarceli. La fiducia del 14 va comunque votata.

A proposito, quel qualcuno di cui si parlava sopra era tale Marco Follini: un altro che giurava che non avrebbe mai saltato il fosso. Oggi porta avanti la sua battaglia per un centrodestra più forte dai banchi dei senatori del PD e non c’è altro da aggiungere.

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