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venerdì 31 dicembre 2010

Insulto di Stato



Ingiustizia è fatta: Il presidente brasiliano Lula non ha concesso l'estradizione di Cesare Battisti in Italia.
Così per l'ex terrorista, che in Italia dovrebbe scontare l'ergastolo, si aprono prospettive di libertà a brevissimo termine, anche se la partita non è ancora definitivamente chiusa.

Non si tratta solo di uno schiaffo, grave, alle vittime di questo assassino e ai loro familiari, ma di un'offesa  all'Italia intesa non come governo, ma come paese nella sua interezza.
L'Italia, il paese che ha inventato il diritto (malgrado tutto quello che si può dire oggi sulla cattiva salute della nostra giustizia), può accettare che uno stato estero non le restituisca un soggetto, che qui da noi ha commesso quattro omicidi, con la motivazione che all'interno dei nostri confini rischierebbe di essere perseguitato per le sue idee politiche?

I moderati non sono persone in cerca di nemici, il moderato parla dei problemi per cercare risolverli, non per ingigantirli e usarli come pretesto per le proprie battaglie ideologiche preconcette, il moderato non legge i giornali con l'obiettivo di trovare un motivo al giorno per far finta di indignarsi e poi andare in piazza a sfogare il suo fanatismo  strillando dentro un megafono.
Il moderato sa che la politica estera è fatta anche di reciproche convenienze, di accordi e opportunità commerciali e capisce benissimo che questi accordi significano reddito e posti di lavoro per persone e famiglie e possibilità di sviluppo per il nostro sistema paese.

Ma di fronte ad uno sfregio di queste proporzioni dobbiamo, per una volta, mettere da parte la politica commerciale e rispondere per le rime, chiamando le cose con il loro nome: Battisti è un assassino, se lo stato brasiliano lo protegge si rende complice dei suoi crimini, se lo fa adducendo le motivazioni esposte sopra insulta l'Italia, le sue istituzioni e la sua gente.

Una decisione del genere richiede una risposta forte e chiara che può passare, per cominciare, anche dal ritiro del nostro ambasciatore.
Chi scrive, nel suo piccolo e per quanto poco possa contare, si impegna a non mettere piede in Brasile fin quando qualcuno non provvederà a rimediare e a chiedere scusa.

Le prese di posizione individuali e di parte però, per quanto numerose e convinte possano essere, non bastano, l'Italia oggi deve fare quello che, vista la sua storia, antica e recente, le riesce più difficile: dare una risposta unitaria, senza distinzioni di appartenenza politica, senza distinguo.
La nostra classe politica, per una volta, dovrebbe distogliere lo sguardo dal proprio orticello e mettere a punto un documento di condanna sottoscritto da tutti: dal leader del governo ai leader dell'opposizione.

Quanto più un paese riesce a parlare con una voce sola, tanto più questa voce viene ascoltata. E l'Italia, oggi, ha il diritto e il dovere di farsi sentire.

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