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martedì 21 dicembre 2010

Fatti Fuori



Il fatto: Una settimana fa a Roma, in mezzo ai tanti atti di violenza e teppismo che hanno caratterizzato le proteste che dovevano sfiduciare il governo dal basso, un ragazzo di 15 anni è stato colpito alla testa da un altro manifestante. Gli ci vorrà qualche settimana per rimettersi e secondo i medici che lo hanno in cura è stato fortunato perché “una botta simile, ricevuta a freddo e senza che se la aspettasse, poteva costargli la vita”.

Domani il Senato vota la riforma Gelmini e nella capitale si replica: stessa piazza stessa onda. Maurizio Gasparri ha invitato i genitori a tenere i ragazzi a casa perché, visto quello che è successo la settimana scorsa, tra i manifestanti potrebbero esserci potenziali assassini.
Nemmeno il tempo di finire la frase e Di Pietro gli risponde dandogli del fascista e già che c’è aggiunge che l’unico potenziale assassino (della democrazia) è proprio Gasparri.
Agitando lo spettro dei mostri si finisce con il provocarne la nascita. Il senatore Gasparri si vergogni! È di personaggi come lui che il Paese dovrebbe avere paura” gli fa eco Orlando.

Ora, il concetto di assassino della democrazia è di difficile definizione, quindi rinuncio immediatamente a provare a stabilire se si adatti o meno a Gasparri.
Cos’è un assassino nel senso letterale del termine è più facile da accertare, basta un dizionario. Definizione di assassino: Chi si è reso colpevole di un assassinio.
Cos’è allora un potenziale assassino? chi ci ha provato e potrebbe riprovarci.

Domanda: chi, volontariamente, rischia di causare la morte di un’altra persona cos’è se non un potenziale assassino?
Quella di Gasparri non è né un’affermazione forte, né una provocazione, è la banale constatazione di un fatto e in qualunque paese normale sarebbe stata trattata come tale.
Non è il caso dell’Italia, dove uno degli sport maggiormente praticati è scandalizzarsi per l’ovvio e descrivere le cose per quelle che sono, senza ingigantirle o minimizzarle per esigenze di bottega, vuol dire sparire dai testi delle agenzie.

Lo scandalo suscitato dalle parole di Gasparri è lo specchio di un paese in cui abbiamo disimparato a chiamare le cose con il loro nome, in cui abbiamo smesso di occuparci dei fatti e ci esercitiamo  giorno e notte a fabbricare teoremi, teorie. D’altronde a stare ai fatti sono capaci tutti, mentre per scrivere un bel racconto “liberamente tratto da”, con protagonisti romanzati, serve come minimo una bella penna.
Alle teorie si può far dire quello che si vuole mentre i fatti hanno una voce propria che spesso è difficile da addomesticare.
Nei teoremi mediatici l’unico limite è il cielo e la dimostrazione notoriamente non è richiesta, quindi vai con la teoria dell’agente infiltrato messo lì per causare scontri ad arte, o del berluscones che istiga alla violenza semplicemente perché la chiama con il suo nome. Sull’identikit del responsabile della nefandezza del giorno finisce puntualmente la faccia del “nemico”. E se la nefandezza non c’è si inventa, l’importante è che sia fotogenica.

Ma quando poi vedi con i tuoi occhi (in questo caso in un video) un oscuro manifestante come tanti che stende un altro illustre sconosciuto, colpendolo violentemente alla testa con un oggetto pesante come un casco integrale, improvvisamente ti viene il braccino corto, chiamarlo “potenziale assassino” pare brutto, specie quando scopri che non è un fascistoide, ma un movimentista di sinistra. “Ragazzo col Casco” fa più titolo di film e non offende il “movimento”.

E, ovviamente, chi non è d’accordo è un fascista, ça va sans dire.

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