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mercoledì 15 dicembre 2010

Senso Unico



Quella che è andata in scena ieri più che una seduta parlamentare è stata una corrida: tra dichiarazioni di voto al vetriolo, colpi di teatro dell’ultimo minuto, e scenate finali sul rinfaccio e sul tradimento con gran scambio finale di insulti, l'aula alla fine ha confermato la fiducia al governo.
A fine partita fare il gioco di chi ha vinto e di chi ha perso era fin troppo facile, sul senso del risultato si sono sentite invece opinioni diverse.

Ha perso Fini, imbarcatosi in un progetto politico velleitario e fallimentare che pretendeva di ridisegnare i confini del centrodestra senza ormai farne nemmeno più parte.
Il PdL gli ha fatto un regalo insperato con il documento di “incompatibilità” del 29 luglio. Non era un’espulsione, ma lui ci ha messo minuti cinque per iniziare a spacciarlo come tale, presentandosi dopo meno di 24 ore davanti ai giornalisti con il nome del nuovo soggetto politico già bello e confezionato.
Una mossa programmata da tempo, a cui però la maldestra presa di posizione del PdL ha consentito di vestirsi dei panni del martirio politico e della buona fede, un abito che ha convinto molte “colombe” ad accodarsi a quella che era stata spacciata come un’iniziativa per incidere sull’agenda del governo quando, fin dall’inizio, puntava semplicemente ad affondarlo.
Fini se l’è giocata bene fino a Bastia Umbra, poi si è mostrato per quello che è sempre stato: non un mediatore tra le diverse anime del partito, ma il falco in capo.
Aveva chiesto il riconoscimento politico di FLI, quando l’ha avuto ha chiesto il patto di legisaltura,  quando Berlusconi gliel'ha offerto non ha trovato di meglio che chiederne le dimissioni. Questa strategia si chiama “escalation”, ed è quella di chi ha già deciso dove vuole arrivare prima ancora di partire, pur dovendo fare la recita di arrivarci un passo alla volta.
E’ stato su questa escalation che Fini ha cominciato a perdere i primi pezzi. E forse altri ne prederà, dato che l’avventurismo del suo progetto politico, ormai estraneo al centrodestra, non può che risultare ogni giorno più chiaro a chi lo ha seguito in buona fede e si ritrova oggi mille miglia lontano da casa sua senza nemmeno sapere dov’è diretto.

Ha perso la sinistra: ormai PD e soci sono talmente abituati a perdere che alla vigilia di ogni appuntamento importante hanno imparato a minimizzarne le conseguenze: “vada come vada non cambia niente, Berlusconi è comunque al tramonto”. Un modo come un altro per mettersi da parte un argomento pronto per l’uso dopo la consueta sconfitta.
E infatti Bersani ieri si è attenuto il copione: “non cambia nulla, il premier non ce la fa”. Insomma non è successo niente compagni, abbiamo scherzato.
La conta della Camera loro non se la sono mai filata. Deve essere per questo che hanno fatto venire un deputato con problemi di salute dall'Australia e hanno trasformato Montecitorio nella succursale di un reparto maternità.
Adesso ci dicono che il premier non può governare con 3 o 4 voti di maggioranza. E’ vero e lo sapevamo già, ma certo è una predica che suona strana quando a farla è chi ha passato due anni a tentare di tenere in piedi un esecutivo organizzando le trasferte a Roma della Levi-Montalcini.

Ha vinto Berlusconi, ancora una volta.
L’opposizione lo accusa di essersi comprato la fiducia. In un paese civile un’ipotesi simile sul capo del governo si solleva solo avendo in mano prove schiaccianti, in Italia la si butta là alla “viva il parroco” per vedere l’effetto che fa. Tanto ormai ci siamo abituati a tutto, siamo desensibilizzati.
La strada per il premier resta stretta: è stato importante spaccare FLI, ma anche se qualche altra colomba dovesse tornare a casa sarebbe comunque improponibile pensare di governare con una maggioranza così risicata. Per cambiare lo scenario dovrebbe esserci un controesodo di quelli da week end di fine estate.
La via per non andare alle elezioni è l’allargamento della maggioranza e questo presuppone un accordo con personaggi di cui, l’ho già detto e lo ripeto, non ci si può fidare.
Ma trattare dopo aver ottenuto la doppia fiducia vuol dire farlo da una posizione di forza. Il risultato di ieri non garantisce la stabilità dell'esecutivo in carica, ma allontana le nebbie dei governi tecnici e istituzionali, tanto care a quei  terzopolisti che teorizzano l’idea obliqua di una politica in cui tanto meno sei stato votato, tanto più sei adatto a guidare un governo.

Adesso, almeno fino a quando le velleità dei ribaltonisti saranno inibite dagli echi della sconfitta di ieri, il governo Berlusconi è  l'unica alternativa alle elezioni e chiunque voglia lavorare per il proseguimento della legislatura deve fare i conti con questa realtà.
Nel fumo delle mille interpretazioni interessate che affollano il chiacchiericco politico questo è il senso unico del voto di ieri.
In uno scenario simile anche l’ipotesi di una crisi pilotata è più accettabile. Se Berlusconi si fosse dimesso 24 ore fa avrebbe ceduto ad un ricatto, se lo fa oggi, dopo aver messo al tappeto chi lo voleva buttar giù da cavallo, può pretendere patti chiari. Non più impotenza o debolezza, ma responsabilità e certezza del reincarico.
La via più sana restano comunque le elezioni. Sono un rischio, ma la storia dovrebbe aver insegnato al Cav che le vittorie più saporite sono spesso figlie di scelte rischiose, come quella di andare alla conta sulla fiducia che ieri gli ha regalato lo spettacolo di un Fini costretto a leggere alla nazione il bollettino della sua sconfitta. Deve essergli sembrato il miglior pezzo di “musica da Camera” sentito da anni.

Fin qui i vincitori e i vinti in aula, ma ieri i giocatori non erano tutti in campo, qualcuno si è goduto il match dalla tribuna, tra questi si segnala Nichi Vendola (che ormai viene avvistato ovunque tranne che nella regione che dovrebbe governare). A cose fatte ha commentato così:
"L'Italia è cambiata. Il centrosinistra deve raccogliere la voce che sta fuori dal palazzo, rabbiosa e pulita del cambiamento. La voce di un'Italia che vorrebbe un paese che si occupa degli interessi generali e non di quelli personali e privati delle cricche. L'Italia peggiore vive abbarbicata dentro al palazzo".
Ieri sera la voce dell’Italia pulita ha incendiato macchine, speccato vetrine, lanciato bombe carta,  causato 97 feriti e infiniti disagi a migliaia di cittadini per le strade di Roma. Le condanne del giorno dopo sono inutili quando quotidianamente si straparla, aizzando chi non aspetta altro che un pretesto per "passare ai fatti".

La sinistra con cui abbiamo a che fare è anche questa, chi ha sfasciato l’unità del centrodestra non se lo dimentichi mai.

2 commenti:

  1. Ciao, volevo solo dirti che da qualche giorno, arrivando da Tocqueville, ho conosciuto White City e ciò che scrivi è sempre molto interessante e condivisibile. Ottimo lavoro, continuerò a seguirti in futuro.
    Un saluto, Woody

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  2. Grazie Woody (nome che non posso non apprezzare essendo un fanatico della saga Toy Story).
    Spero di rileggerti presto da queste parti, a ribloggarci!

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