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giovedì 2 dicembre 2010

The White City



La scelta del nome “The White City” nasce dalla convergenza di interessi e passioni che poco hanno a che vedere gli uni con gli altri, almeno in apparenza.

Secondo molti l’inizio del moderno conservatorismo coincide con la vittoria di Barry Goldwater alle primarie del Partito Repubblicano americano in vista delle elezioni presidenziali del 1964. Per la verità quella campagna  ebbe un esito a dir poco disastroso e l’incumbent Lyndon Johnson lasciò a Goldwater la miseria di sei stati su cinquanta, ma quell’esperienza lasciò il seme per ciò che sarebbe venuto dopo:
A Time for Choosing” è il titolo attribuito ad uno dei discorsi politici più influenti del secolo passato, che ancora oggi ispira movimenti di idee come il neonato Tea Party. Quel discorso fu pronunciato proprio a sostegno della campagna di Goldwater da un ex democratico che avrebbe cambiato il corso della storia del ventesimo secolo: Ronald Reagan.

Delle tante citazioni che si potrebbero estrarre da quello storico discorso una in particolare ha influenzato la scelta del nome di questo blog:

“Not too long ago, two friends of mine were talking to a Cuban refugee, a businessman who had escaped from Castro, and in the midst of his story one of my friends turned to the other and said, "We don't know how lucky we are." And the Cuban stopped and said, "How lucky you are? I had someplace to escape to." And in that sentence he told us the entire story. If we lose freedom here, there's no place to escape to. This is the last stand on earth.”

“Non molto tempo fa, due miei amici stavano parlando con un profugo cubano, un uomo d’affari che era scappato da Castro, e mentre ascoltavano la sua storia uno di questi amici si voltò verso l’altro e disse “Non ci rendiamo conto di quanto siamo fortunati”. Il cubano si fermò e disse “Quanto siete fortunati? Io avevo un posto dove scappare”. E con questa frase lui ci ha già detto tutto. Se noi perdiamo la libertà qui non ci sarà un posto dove scappare. Questo è l’estremo baluardo del mondo”.

Per chi la vede e la pensa come me gli Stati Uniti d’America rappresentano ancora questo: la frontiera dell’occidente, ma anche una nazione costruita sulle fondamenta di una dichiarazione in cui si afferma che perseguire la propria felicità è un diritto inalienabile (“riteniamo indubitabili queste verità: che tutti gli uomini sono creati uguali, che il Creatore li ha dotati di certi inalienabili diritti tra cui la vita,  la libertà, il perseguimento della felicità”) e questo ne fa non solo un baluardo, non solo una fortezza, ma anche una  “shining city upon a hill”.

Nel suo farewell address alla nazione, a conclusione dei suoi otto anni alla Casa Bianca, Reagan volle descrivere questà “città scintillante sopra una collina”:

“In my mind it was a tall, proud city built on rocks stronger than oceans, windswept, God-blessed, and teeming with people of all kinds living in harmony and peace; a city with free ports that hummed with commerce and creativity. And if there had to be city walls, the walls had doors and the doors were open to anyone with the will and the heart to get here. That's how I saw it, and see it still”

“Nella mia mente è una città alta, orgogliosa, costruita su rocce più forti degli oceani, battuta dal vento, benedetta da Dio, brulicante di persone di tutti i tipi che vivono in armonia e in pace, una città con porti liberi, pieni di commercio e di creatività. E se la città dove avere delle mura  quelle mura hanno porte e quelle porte sono aperte a tutti quelli che hanno la volontà ed il cuore di arrivarci. Così è come la vedevo, e come ancora la vedo”.


Per un percorso mentale assolutamente soggettivo queste immagini mi hanno sempre richiamato un’analogia con un luogo di pura fantasia: la città di Minas Tirith (detta "la Città Bianca") della trilogia di Tolkien “Il Signore degli Anelli”. L’ultimo baluardo di libertà degli uomini dell’ovest, quello perso il quale non c’è  ritirata, c’è solo la fuga in ordine sparso, senza una meta, senza una speranza di una futura riscossa.

La città bianca quindi. The White City. Ecco spiegato il nome di questo blog, che non pretende certo di essere un ultimo o estremo baluardo della libertà, ma semplicemente un luogo dove esprimere pensieri liberi. Un luogo che, come quella città sopra la collina,  sarà aperto a tutti coloro che avranno il cuore e la volontà di arrivarci.

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