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venerdì 17 dicembre 2010

Abuso di "Studente"



Il titolo di questo post indurrà molti in errore: ecco un altro che ci viene a raccontare la storia dei poveri studenti manganellati ed ignobilmente repressi dalle forze dell’ordine mentre manifestano per i proprio diritti.
No no, tranquilli, certe tiritere le lasciamo a quelli che svernano sui tetti. Qui non si parla di abuso su questo o quello studente, ma di abuso di “studente”, nel senso del termine, della parola, nel linguaggio parlato e scritto, in particolare quando si raccontano certe manifestazioni che così frequentemente balzano agli onori della cronaca negli ultimi tempi.
Tra le più recenti si segnalano quelle contro la riforma Gelmini e l’ultima, fresca fresca, di appena tre giorni fa, che si proponeva di “sfiduciare il governo dal basso”.
Nel corso di queste manifestazioni traboccanti di cultura e d'amor patrio abbiamo visto ameni spettacoli come una tentata irruzione al Senato durante i cortei di fine novembre, e atti assortiti di teppismo urbano durante le proteste del B-Day: auto date alle fiamme, lancio di oggetti contro le forze dell’ordine e anche qualche bomba molotov, tanto per non farsi mancare niente, con il risultato di 97 feriti e 20 milioni di euro di danni.

I protagonisti di questi fulgidi esempi di impegno civile sono per gli organi di informazione “gli studenti”: gli studenti manifestano, gli studenti protestano, gli studenti occupano i binari, gli studenti assaltano il Senato.
Per cominciare non sarebbe male ricordarsi che la popolazione studentesca italiana (limitandosi solo a quella universitaria) conta quasi 2 milioni di unità, quindi quelli che si rendono protagonisti delle manifestazioni (anche di quelle perfettamente rispettabili in cui non si lanciano sanpietrini) sono una microscopica minoranza,  per quanto rumorosa e sempre a favore di camera. Bisognerebbe casomai parlare di “alcuni studenti”, tanto per chiarire il fatto che non hanno nessun titolo per rappresentare l’intera categoria.
Ma poi mi chiedo: perché in questi casi bisogna parlare di studenti? Quando si raccontano degli atti di teppismo e vandalismo la lingua italiana ci mette a disposizione due termini semplici e chiari per definire i responsabili: “teppisti” e “vandali”. Che poi i soggetti in questione la mattina si alzino dal letto per andare all’università, piuttosto che per fare i panettieri o gli idraulici è secondario. A meno di non voler intendere la parola “studente” come un sinonimo di “teppista under 30”.

Non è una questione che esaurisce le sue conseguenze nell’ambito lessicale perché introduce un tono di implicita giustificazione per i comportamenti di questi personaggi. Un teppista è qualcuno che infrange la legge, ma se lo chiami “studente” al maSsimo è un soggetto che fa ragazzate, magari è troppo vivace, indisciplinato, ma pur sempre  uno dei “nostri ragazzi”: non farebbe male a una mosca e se ha messo le mani addosso a qualcuno è perché il sistema (cioè Berlusconi) l'ha esasperato oppure, ecco la parolina magica, è stato provocato.

E infatti pochi giorni fa, dopo che in centro a Roma di mosche contuse ce n’erano state un bel po’, la senatrice PD Finocchiaro, nel suo furore giustificazionista, non ha trovato di meglio che  parlare di infiltrati: i responsabili degli scontri non erano certo i manifestanti, che il cielo ce li conservi, ma misteriosi soggetti mandati e pagati non si sa bene da chi e con il compito di causare non si sa bene cosa. A dare il là era stata la consueta teoria complottista su ipotetici agenti provocatori targata L’Espresso/Repubblica, subito proliferata in rete come una verità rivelata, che non è nemmeno il caso di analizzare visto che i fatti si sono incaricati di farla emergere per quella che era: una bufala.

E se Saviano, comprensibilmente in crisi di astinenza da riflettori dopo quattro prime serate RAI, da perfetto campione della legalità scrive una lettera agli studenti parlando di “camionette lasciate da poliziotti come esca”, il deputato PD Enrico Gasbarra, per salvare la pax natalizia ed evitare altre distruzioni nel centro di Roma, propone di regalare agli “studenti” uno spazio libero di 10 minuti in prima serata RAI per spostare la protesta dalle piazze ai TG. Insomma: se usi la mazza e incendi le macchine non solo non è colpa tua, ma ti regaliamo anche la ribalta mediatica. Te la sei guadagnata e per favore, ma solo se non ti è troppo disturbo, non farlo più.

Dopo i “compagni che sbagliano” sono in arrivo, fatte ovviamente le dovute proporzioni, gli “studenti che eccedono”, formule di condanna blande che più blande non si può di un mondo intellettual-progressista che a questi fenomeni si sente culturalmente affine e limita la sua critica alla mera forma, mai alla sostanza :“magari hanno esagerato nei modi, ma hanno ragione”.

Tempo fa un tale, lamentando la sostanziale impunità della categoria dei tifosi, suggerì a chiunque volesse compiere un qualunque reato e passarla più o meno liscia di farlo allo stadio. Oggi la teoria si può aggiornare: se vuoi fare il teppista, dar fuoco a qualche macchina della polizia e menare un po’ le mani, fallo nelle manifestazioni degli “studenti” e tempo 48 ore potrai startene tranquillo a casa a parlarne su facebook, mentre mamma prepara la cena.

Esagero? Tre giorni fa, dopo che il centro della capitale era stato messo a ferro e fuoco, sono stati arrestati 23 “studenti”. Decisione di ieri del Tribunale di Roma: uno è agli arresti domiciliari, gli altri tutti liberi. Amen. Andate in pace. E mazze pronte per la prossima ricreazione. Tra pochi giorni riparte l’iter della riforma Gelmini al Senato. Auguri.

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