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venerdì 4 febbraio 2011

Ma che Berlusconi d'Egitto


Non trattiamo. Per noi qualsiasi negoziato presuppone le dimissioni”. L’opposizione è per la linea dura. Nessuna mediazione finché non se ne va il tiranno.
Ma di quale tiranno parliamo? C’è da scegliere, il virgolettato viene dall'Egitto, la firma è di El Baradei e dei "Fratelli Mussulmani", e il bersaglio è Mubarak, ma ad ascoltare certe uscite di Bersani, Franceschini e compagnia dimissionante, sembra che anche Roma stia alla periferia del Cairo.

Andiamo per ordine:
Ieri, dopo che il voto in “bicameralina” aveva portato ad una situazione di stallo sul federalismo municipale, le opposizioni si sono affrettate a motivare il loro parere contrario attribuendolo esclusivamente ad un dissenso sul merito, niente di preconcetto: con tutta la buona volontà questo federalismo di PdL e Lega fa acqua da tutte le parti, è un disastroin quel testo ci sono solo tasse, non federalismo” e d’altra parte “le idee della Lega sono spesso sbagliate” quindi come aspettarsi qualcosa di meglio?
In sintesi: Abbiamo votato “no” perché la trattativa era impossibile, il testo era da buttare.

Pietra tombale sul federalismo bipartisan? Dipende, perché bastano pochi minuti e il deputato PD Francesco Boccia lancia il primo amo: “La Lega sa che se vuole approvare il federalismo fiscale c'è un solo modo: discutere con le opposizioni”. Che in sostanza vuol dire: se ci aiutate a togliere di mezzo Berlusconi il federalismo ve lo approviamo noi. Possibile? Ma non era tutto da buttare?
Qualche minuto ancora e ci pensa Bersanichiarire il concetto “Se Berlusconi se ne va, ne possiamo parlare”.

Il “no sul merito”, tanto sbandierato appena dopo pranzo, ci ha messo meno di un pomeriggio a diventare un no ad personam, e non serve nemmeno aspettare l’ora di cena per avere dalla voce appassionata, e come di consueto un tantino sovraeccitata, del capogruppo PD alla Camera, Dario  Franceschini, la conferma che solo se Berlusconi si dimetterà, maggioranza e opposizione potranno “trovare le intese sui problemi del Paese anche a cominciare dal federalismo”. Copia carbone del  “finché c’è lui non trattiamo” dell’opposizione egiziana.

Sul calar della sera un dubbio si insinua: premesso che Berlusconi come sosia di Mubarak è meno credibile di Ruby come sua nipote,  non sarà che questi ci credono davvero?
Verrebbe voglia di rispondersi di no, ma basta mettere l’orologio indietro di mezza giornata, e riavvolgere il nastro del dibattito seguito all’informativa del Ministro Frattini sulla situazione in Egitto, per sentire Fabio Evangelisti, dell’IdV, dire chele popolazioni hanno sopportato le dittature e la corruzione, ma non sopportano più la fame. È lo stesso motivo per cui sarete travolti voi: potete imporre il regime mediatico, potete continuare in un mondo di corruzione, ma il 29 per cento dei cittadini, i giovani disoccupati italiani, vi presenteranno presto il conto”.

Ecco fatto, l’equazione è completa. Italia ed Egitto? Siamo lì: la fame degli egiziani che vivono con un PIL pro-capite di 15 dollari al giorno è la stessa che soffriamo qui da noi. E il regime egiziano, con un presidente in carica da 30 anni, eletto a ripetizione tramite consultazioni in cui sulla scheda c’era solo il suo partito, può specchiarsi in quello di casa nostra e pensare di aver trovato il suo gemello. Per l’opposizione Berlusconi e Mubarak pari sono.

Nella serata di ieri il Governo, avvalendosi di quanto previsto dalla legge delega (art.2 comma 4), ha varato un decreto per mandare avanti il federalismo municipale malgrado lo stop della bicameralina. E’ solo una tappa del percorso di completamento del federalismo fiscale e se si vuole arrivare a vederne il traguardo bisognerà mettersi l’anima in pace: un’opposizione che tenta di far passare Mubarak come il Berlusconi d’Egitto è un interlocutore dal quale, a parte i cori “dimissioni! dimissioni!”,  non c’è da aspettarsi granché.
E’ cosa buona e giusta perseguire le intese bipartisan, ma questo non vuol dire passare quel che resta di questa legislatura, poco o tanto che sia, attaccati alla cornetta ad aspettare un “si” dall’altro capo del cavo, o annacquare le leggi quel tanto che basta per garantirsi la non belligeranza delle opposizioni “borderline” o di certi amministratori locali.

Se la solidità politica non c’è allora è inutile accanirsi sul paziente, si torni alle urne. Se il Governo invece i numeri in parlamento li ha, e riesce a fare lo slalom tra le mine che la Procura di Milano mette sul suo cammino, vada avanti con le riforme, in compagnia se si può, altrimenti da solo.
E’ stato votato per questo, e il voto del popolo è l’unica legittimazione che serve.


Edit: Il Quirinale ha dichiarato irricevibile il decreto del Governo sul federalismo municipale. Ha perfettamente ragione, ma l'esultanza dell'opposizione è del tutto fuori luogo. Non c'entra nulla l'illegittimità del decreto, quando il fatto che l'iter che doveva portare ad esso non è stato ancora completato. Secondo l'articolo citato sopra infatti è previsto quanto segue "Il Governo, qualora, anche a seguito dell'espressione dei pareri parlamentari, non intenda conformarsi all'intesa raggiunta in Conferenza unificata, trasmette alle Camere e alla stessa Conferenza unificata una relazione nella quale sono indicate le specifiche motivazioni di difformità dall'intesa". La relazione non è ancora stata trasmessa, una volta fatto questo il decreto può essere emanato.

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