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martedì 1 febbraio 2011

La Frustata


3 Aprile 2006, ultimi sgoccioli di campagna elettorale. Sul ring di RaiUno va in scena il secondo  attesissimo match tra Silvio Berlusconi e Romano Prodi, arbitra il direttore del TG1, Clemente Mimun.
Tribune gremite, ma, comunque vada, il verdetto che conta è già scritto. I sondaggisti, salvo poche eccezioni, sono unanimi: l’Unione di Prodi marcia che è una meraviglia, ha da 5 a 7 punti di vantaggio, sono un paio di milioni di voti, mica noccioline. Non c’è partita. Berlusconi è nell’angolo e stavolta ci resterà.
Per due ore succede poco o niente, poi, nei minuti di recupero di un confronto vissuto nervosamente, senza nessun vero acuto e in cui obiettivamente Prodi se l’è cavata meglio di lui, arriva il colpo che cambia lo scenarioAboliremo l'ICI sulla prima casa. Sì, avete sentito bene, anche sulla vostra”.

La prima reazione degli unionisti è la stessa riservata cinque anni prima al contratto con gli italiani, sorrisetti di scherno e commiserazione “è la mossa della disperazione”, “proposta irrealizzabile, porterebbe i comuni alla bancarotta”, “balla colossale”, “una mossa comica, conclusione naturale della vicenda di un premier che ha sfasciato l’Italia”.
Tra tanti raffinati analisti non ce n’è uno che capisca quel che è successo. Berlusconi ha ripreso in mano l’agenda del dibattito e non la mollerà più fino all’apertura delle urne. Nella settimana successiva, complici alcune uscite infelici della compagine prodiana, non si parlerà altro che di tasse. Il vantaggio del centrosinistra  prima si squaglia e poi evapora, come neve ai primi caldi di primavera, e il giorno delle votazioni è ridotto a dimensioni da prefisso telefonico internazionale.  

Il Caimano ancora una volta ha dimostrato di saper uscire da  vicoli apparentemente ciechi sparigliando le carte. Un tratto tipico del personaggio, così come è tipico dei suoi avversari essere cronicamente incapaci di capirlo.
E’ la differenza che c’è tra un ronzino e un purosangue: il ronzino, quando qualcosa va storto e gli altri cavalli spariscono all’orizzonte, continua a correre, ma smette di crederci, tira i remi in barca, finendo per fare quello che è abituato a fare: perdere.
Il purosangue reagisce in un altro modo: si sente punto nell’orgoglio e galoppa come un disperato fino all’ultimo metro. Può vincere o può perdere, ma non regala niente.
Se potessimo sbirciare nei pensieri dei cavalli probabilmente scopriremmo che il ronzino proprio non si spiega perché il purosangue si danni tanto l’anima per restare aggrappato a gare apparentemente già perse, e gli venga un colpo se capisce come accidenti faccia ogni tanto a vincerle.

Sono passati quasi 5 anni, il purosangue non è più quello di una volta, è un po’ acciaccato e risente dell’età, ma i suoi avversari sono i ronzini di sempre e come tali non si capacitano che un uomo sotto assedio non solo non getti la spugna, ma abbia addirittura la sfacciataggine di rilanciare, come ha fatto Berlusconi ieri.
Il Premier ha cambiato gioco, o almeno ci sta provando, in passato gli è riuscito, stavolta è più difficile perché c’è di mezzo una Procura della Repubblica che certamente farà di tutto per riportare il dibattito su questioni di fondo(schiena). La costante è che ancora una volta i ronzini della scuderia avversaria non hanno capito quello che sta succedendo. Continuano a giocare la stessa partita come se niente fosse, inciampano pure su ventilate ipotesi di tasse patrimoniali facendo intendere di essere rimasti, anche in questo, gli stessi di sempre.

La mossa di Berlusconi era l’unica possibile, riguadagnare l’iniziativa parlando di crescita, di allocazione sul mercato del patrimonio pubblico e di defiscalizzazione, vuol dire spostare di nuovo il confronto sul terreno della politica. Queste proposte vanno ora riempite di contenuti e portate in parlamento, per non farle restare dei titoli. Chi si sottrarrà al confronto, preferendo continuare ad intonare la consueta cantilena sulle dimissioni, dovrà spiegare agli elettori perché non è stato interessato a discuterne.

Nuotare o Affogare era il titolo di ieri. Oggi la metafora è un'altra, ma il senso è sempre quello. Il fiato è quello che è, le zavorre legate ai piedi non si contano (a cominciare dai numeri risicati in parlamento e dal cannoneggiamento sul Rubygate che è tutt’altro che finito). Chiamiamola con il suo nome: è un’impresa quasi impossibile. Ma proprio per questo avere il coraggio di provarci è roba da purosangue, vale da sola il prezzo del biglietto.

P.S. L’ICI sulla prima casa è stata abolita per davvero, in parte proprio da quella coalizione di centrosinistra che aveva accolto la proposta di Berlusconi come quella di un marziano. Sarà bene tenerlo a mente quando, nei prossimi giorni, in tanti ci spiegheranno che il progetto del governo, qualunque esso sia, è disperato, comico e, naturalmente, irrealizzabile.

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