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mercoledì 9 febbraio 2011

Finiani in Fuga


Com’è triste il Transatlantico, soltanto quattro mesi dopo. Appena lo scorso Ottobre Italo Bocchino poteva presentarsi battendosi il petto davanti a microfoni e taccuini annunciando che il neonato gruppo parlamentare di FLI era “determinante alla Camera tra breve anche al Senato perché nel tempo arriverà nel nostro gruppo qualche altro senatore” perché “Il movimento di uscita dal Pdl andrà avanti per tutta la legislatura perché lo scontento all’interno di quel partito e dei gruppi parlamentari è altissimo”.

Erano quelli i giorni in cui la cifra forte di un movimento politico di successo si misurava in deputati e senatori strappati ai partiti avversari (in quella fase Berlusconi gli eletti li perdeva, non li guadagnava, quindi a nessuno passava per la testa di parlare di compravendita, tantomeno di “mercato delle vacche”) e Futuro e Libertà andava vento in poppa: gruppi parlamentari con la fila davanti alla porta e un’esposizione mediatica da partito di maggioranza relativa. Qualunque fosse il tema del giorno il punto dei vista dei finiani era la portata più attesa de pastone dei TG.
Corteggiati dalla destra che sperava di blandirli ed assicurarsene la fedeltà,  guardati con speranza dalla sinistra di popolo - impaziente di vedere materializzarsi finalmente qualcuno capace di mandare a gambe per aria Berlusconi - e con sospetto dalla sinistra di palazzo, timorosa che potesse essere qualcun altro a presentarsi davanti al popolo “No Cav” con la testa del tiranno da offrire come trofeo.
I finiani avevano in mano la sorte della legislatura. In una parola: determinanti.

A distanza di poche settimane l’emorragia di onorevoli dal PdL non solo si è arrestata, ma si è invertita, i finiani hanno perso pezzi sia a Montecitorio che a Palazzo Madama. Dovevano diventare determinanti anche al Senato, non lo sono più nemmeno alla Camera.
Ma la grande fuga adesso non interessa più solo le aule parlamentari, da qualche tempo pare iniziata la “fuga dei cervelli”. Se un deputato passa "al nemico" lo puoi accusare di essersi fatto comprare, o di voler tenere in piedi la legislatura a tutti i costi per non perdere privilegi a cui ci si abitua in fretta e non si vorrebbe rinunciare mai, ma quando a bacchettarti, e farti “ciao” con la mano, sono gli intellettuali di riferimento il campanello d’allarme suona per forza. Specie per una forza politica che gli intellettuali, fin dal primo momento, li ha sventolati come bandiere.

Sulla soglia del portone d’uscita è stato avvistato il direttore scientifico di FareFuturo Alessandro Campi Non sono un uomo per tutte le stagioni. Siamo passati dalla critica a Berlusconi all’invettiva, e mentre sulla critica lo abbiamo messo in difficoltà, con l’insulto sposiamo tesi su cui la sinistra perde da quindici anni”.
Non suonano molto meglio le parole di Sofia Ventura, che ha paragonato  l’imprinting di FLI a quello di un “partitino della prima Repubblica”. Per un movimento nato con l’ambizione di rifondare la destra italiana e darle una dimensione europea e moderna è un giudizio da pietra tombale.

Ecco il punto in cui si trova la traiettoria di FLI alla vigilia del congresso fondativo: riposti in soffitta i toni rivoluzionari di Bastia Umbra, le sue insegne sono ora al servizio della truppa scudocrociata, il cui incedere punta all’unico traguardo di un parlamento post elettorale con un Senato bloccato, in cui poter negoziare una resa, generosa di ministeri, con il miglior offerente (cioè con chi si assicura il premio di maggioranza alla Camera) e porre il veto a Berlusconi premier. Un po’ poco per un soggetto politico a cui nessun traguardo doveva essere precluso.

Appunto di viaggio: Non basta nascere come terza gamba, o dar vita al terzo polo, per fondare la Terza Repubblica.

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