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mercoledì 17 ottobre 2012

Romney-Obama: Round 2



Poche ore fa Barack Obama e Mitt Romney si sono presentati alla Hofstra University nello Stato di New York, ottanta elettori indecisi li aspettavano in sala per porre loro delle domande e qualche decina di milioni di persone davanti ai teleschermi era in attesa delle risposte. Gli sfidanti hanno fatto il loro ingresso tra sorrisi e saluti, si sono stretti la mano e se le sono suonate per 90 minuti.

Obama era entrato nel dibattito inaugurale di Denver con una leadership nei sondaggi mai interrotta per dodici mesi, ma ha visto il mondo cambiargli intorno nelle ultime due settimane. Con l’ultimo sondaggio Gallup, uscito poche ore prima di andare in scena che lo dava ben 4 punti dietro, ed un rivale che per la prima volta si affacciava a quota 50%, era chiaro chi dei due avesse terreno da recuperare. Ad enfatizzare il concetto ci aveva pensato Chris Matthews, che dai microfoni di MSNBC si era spinto a dire che “se Obama non sarà all’altezza della situazione qualcosa di storico inizierà a morire stanotte”.

Con queste premesse quella di New York non poteva essere una serata tranquilla, e non lo è stata. Se il primo dibattito era stato un duello al fioretto questo è stato un match di boxe: gli sfidanti si sono attaccati, interrotti, in un confronto che a tratti è sembrato quasi fisico “ad un certo punto ho pensato che venissero alle mani” è stato uno dei tanti commenti su Twitter.
Romney ha comandato la partita nella prima metà del dibattito: sull’economia, dal lavoro alle tasse passando per il deficit, ha avuto buon gioco nel puntare l’indice sui risultati fallimentari del presidente “Io ho un piano per fare meglio e l’ho già fatto come governatore”.
Sull’energia gli è bastato ricordare il raddoppio del prezzo dei carburanti per sollevare dubbi sull’efficacia della politica di Washington.
Sull’immigrazione ha rinfacciato al presidente la sua promessa del 2008 di far approvare una legge ad hoc nei suoi primi dodici mesi di mandato, mentre a quattro anni di distanza il congresso aspetta ancora la sua proposta.
E quando Obama ha accusato il suo sfidante di fare investimenti in Cina Romney è stato pronto ed efficace nel ribattergli in faccia che anche i fondi di investimento che gestiscono la pensione del presidente fanno la stessa cosa.

Inaspettatamente però Romney è andato fuori misura sul colpo più facile.
Nel momento in cui i riflettori si sono spostati sulla Libia devono essere stati in molti nel campo repubblicano a fregarsi le mani. Da giorni l’amministrazione Obama è all’angolo sull’argomento, e tra smentite imbarazzate, rimpalli di responsabilità e ammissioni tardive, tutto lascia pensare che lo resterà nelle prossime tre settimane. Quando è stato chiesto a Obama chi fosse il colpevole per aver negato maggior protezione all’ambasciata di Bengasi il presidente non ha nemmeno provato a rispondere alla domanda, rifugiandosi in una melina di affermazioni generiche sul valore del personale americano all’estero.
Romney aveva la porta vuota davanti, ma ha spedito il pallone in tribuna facendosi coinvolgere in un battibecco sul fatto che Obama avesse o meno usato l’espressione “atto terroristico” nel suo primo discorso dopo l’attacco. Un battibecco che il presidente ha accolto a braccia aperte, essendo questo l’unico aspetto della vicenda su cui sapeva di poterne uscire incolume senza dover alterare troppo i fatti. Gli è bastato dire “Controlla il testo del mio discorso” per tirarsi fuori dai guai.
Romney aveva ragione in generale, ma si è attaccato alla parola sbagliataha commentato a caldo la moderatrice del dibattito Candy Crowley, ai microfoni della CNN. Un rigore sbagliato.

Quello scambio ha modificato la dinamica del dibattito: da lì in poi Obama è parso più a suo agio e la possibilità di avere l’ultima parola sulla domanda conclusiva gli ha permesso di sferrare l’ultimo attacco sul famoso 47% senza che Romney potesse rispondere, lasciando il pubblico con l’immagine del presidente che dà l’ultimo gancio prima del gong di chiusura. E l’ultima immagine è quella che resta più impressa. Non sorprende quindi che entrambi gli instant poll condotti sul dibattito subito dopo lo spegnimento delle telecamere vedano gli sfidanti separati da un distacco prossimo al margine d’errore (niente a che vedere con i 50 punti di distanza del primo round) ma con Obama davanti (anche per le basse aspettative dopo il disastro di Denver): 46 a 39 secondo la CNN e 37 a 30 per la CBS.

Gli stessi instant poll che danno Obama vincitore di misura del dibattito (con la stessa CNN che parla di un sostanziale pari) lo vedono però soccombere senza appello sull’economia: 65 a 34 secondo la CBS, 58 a 40 per la CNN. E nella cabina elettorale è l’economia a contare. “It’s the economy, stupid” diceva nel 1992 Bill Clinton, la buona notizia per Romney è che vent’anni dopo è ancora così.
Ma il rigore sbagliato sulla Libia è stato di quelli da mettersi mani nei capelli. Romney avrà modo di rifarsi sull’argomento lunedi prossimo, nel terzo e ultimo dibattito della serie, tutto sulla politica estera.

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