ADNKronos Politica


martedì 11 settembre 2012

President, You're No Bill Clinton





Nessun presidente, né io né nessuno dei miei predecessori, avrebbe potuto riparare in soli quattro anni tutti i danni che Obama ha trovato”. L’avvocato di casa sarà Hillary, ma Bill Clinton a Tampa è stato il miglior difensore che Obama potesse sperare di avere.
Ha parlato più del Presidente in carica (48 minuti contro 39) ed è stato lui, cifre alla mano, a cercare di convincere la platea di Charlotte (oltre ai milioni di persone che lo guardavano da casa) che il bilancio del quadriennio obamiano è tutt’altro che fallimentare e che si, è vero, la disoccupazione non scende e l’economia stelle e strisce non riparte, ma in “soli quattro anni” nessuno avrebbe saputo fare di meglio visto il punto di partenza.
Nessuno, nemmeno lui. Il primo a non crederci è lo stesso Clinton.

Insomma siamo passati dal  “Yes, We Can” al “No One Could Have”, un cambio di traiettoria da tuta anti-g se pensiamo che nel 2008 alla convention di Denver la truppa democratica si compattava dietro al suo candidato e alla promessa di cambiamenti epocali a portata di mano, mentre oggi, a distanza di quattro anni, il maSsimo della vita è provare a convincere chi ascolta che “se ci fosse stato qualcun altro le cose sarebbero andate peggio”. Da qui al “No We Can’t” il passo è breve.

Le doti persuasive di Clinton non sono in discussione, in 48 minuti ha (quasi) convinto anche me.
Eppure, citando John Adams, “Facts are stubborn things” (i fatti sono cocciuti): il problema non è che i fondamentali dell’economia americana in quattro anni non hanno fatto in tempo a muoversi, casomai è che l’hanno fatto nella direzione sbagliata.
I mastodontici programmi di “stimolo” hanno avuto poco impatto sui numeri dell’occupazione, ma  altri numeri oggi sono molto diversi da come erano quattro anni fa.

Nel 2008 Obama promise a tutte le telecamere che gli capitò di incrociare che avrebbe dimezzato il deficit entro la fine del suo primo mandato.



Nel mondo reale però il deficit obamiano ha esordito nel 2009 con un dato circa triplo rispetto a quello (già alto) dell’ultimo Bush, sfondando il tetto del trilione di dollari, per non scendere più, il che vuol dire un’incidenza rispetto al GDP (ovvero al PIL)  doppia rispetto agli anni in cui le spese militari della guerra fredda facevano lievitare i conti di Washington. Altro che il “read my lips, no new taxes” di George H.W. Bush nel 1988.

Nel pieno della sua campagna del 2008 Obama se la prese poi (giustamente) con il suo predecessore Bush (figlio) per aver aggiunto poco meno di 4 trilioni di dollari al debito americano in due mandati (otto anni, ricordate: otto anni), definendolo un comportamento “antipatriottico.



Ma i “soli quattro anni” (come li chiama Clinton) di Obama alla Casa Bianca sono bastati per far impallidire i numeri dei due mandati di Bush, tanto è vero che il debito federale anziché dimagrire ha messo su altri 6 trilioni (6000,000,000,000, seimilamiliardi) di dollari di peso.
Per capirci: Obama, da solo e in "soli quattro anni", ha aggiunto più di due volte l’intero debito pubblico italiano, tanto che oggi il debito americano ha sfondato il 100% del GDP e in queste ore ha toccato quota 16 trilioni di dollari.
Bush lo aveva (antipatriotticamente) lasciato poco sopra i 10.

Questi sono i numeri di una disfatta, altro che lavoro ben avviato ma non ancora concluso.
Eppure, malgrado tutto ciò, il Presidente non solo è in corsa per la rielezione, ma da un paio di giorni, grazie al bounce post convention, pare di nuovo il favorito per Novembre (Rasmussen e Gallup per una volta sono d’accordo e lo danno a +5).
Merito (o colpa) soprattutto di uno sfidante che gli americani giudicano competente (48 contro 44 lo ritengono più affidabile quando si parla di economia) ma troppo freddo, incapace di comunicare, e ancor meno di emozionare, tanto che dopo il suo acceptance speech a Tampa qualcuno dai microfoni (amici) di Fox News l’ha ribattezzato “Animatronic Candidate”.

Ma se i fatti sono più cocciuti dei bounce da convention, alla fine avranno il loro peso.
Bill Clinton ha impresso il suo marchio alla convention di Charlotte, lui è il Presidente dell’espansione economica e del surplus di bilancio. Secondo Rasmussen ha il 66% di gradimento e gli americani gli credono anche quando dice cose a cui non crede nemmeno lui (vedi sopra).
A distanza di vent’anni Bill Clinton rivincerebbe le primarie democratiche contro chiunque e avrebbe l’elezione già in tasca.
Ma Bill Clinton non corre per la Casa Bianca a Novembre e Romney deve chiarirlo alla svelta agli americani (oltre ad iniziare ad essere più chiaro su chi vuole essere lui), perché quando si inizia a parlare di cercare il “game changer” vuol dire che due mesi rischiano di diventare all'improvviso troppo pochi.

Se vuoi essere aggiornato sull'attività del blog seguilo su facebook http://www.facebook.com/whitecity12

2 commenti:

  1. Grazie Filippo e bentornato, è stato un lungo silenzio, ma spero di ritrovarvi tutti piano piano, e con la pagina facebook sarà più facile restare in contatto :)

    RispondiElimina