Monti ha salvato l’Italia. Scommetto che l’avete già
sentita. Giusto un anno fa eravamo sull’orlo del baratro greco ma oggi –
sospiro di sollievo – ne siamo fuori. Tutto questo grazie al governo dei
professori, sia loden a loro.
Normale quindi che qualcuno si sia mobilitato per
riportare il “professore in capo” a Palazzo Chigi anche dopo il voto di Marzo. Casini,
Montezemolo, ma sotto sotto non solo loro, hanno già deciso che dovrebbe essere lui a guidare l’Italia per i prossimi cinque anni, anche senza l’incomodo di farsi votare. Insomma il governo dei tecnici doveva essere uno strappo
una tantum al processo democratico, ma ad un anno di distanza per alcuni
l’anomalia sono diventate le elezioni, che in fondo in fondo se si potessero evitare sarebbe quasi meglio, si risparmierebbe anche un bel po' di soldi.
Perché tanto, chiunque vinca, la strada resta quella
tracciata dai professori, il nuovo Totem si chiama “Agenda Monti” che deve
proseguire anche nella prossima legislatura e chi dice il contrario è un
irresponsabile. L’agenda Monti nessuno l’ha letta e nemmeno mai vista, ma è già
il programma del prossimo governo.
In sostanza siamo passati dal “tutto tranne Berlusconi” al
“tutto purché ci sia Monti”, avevamo un nuovo padre della Patria in casa e non
ce n’eravamo accorti. D’altronde quando ti capita di salvare l’Italia è il
minimo della riconoscenza.
Ma si è mai visto un salvataggio in cui l’unico a non sentirsi meglio è il presunto salvato? Se vuoi sapere come sta una persona gli misuri il colesterolo, oppure la pressione. Dati oggettivi, numeri, che salgono o scendono, migliorano o peggiorano. Se la cura funziona lo capisci da lì. Il paziente Italia è l’unico caso clinico conosciuto in cui si giudica la bontà della cura della reputazione del medico senza nemmeno fare le analisi al malato.
Perché tra i mille discorsi sul sesso degli angeli che
dividono ferocemente la politica nostrana i grandi assenti sono i cosiddetti
fondamentali. A poco più di tre mesi dalle elezioni non si sente parlare di
PIL o di disoccupazione. Siamo in pieno consulto ma le analisi non le guarda nessuno.
Eppure la cartella clinica è pubblica:
Un anno fa, quando avevamo un piede nella fossa, il nostro PIL aveva rallentato, di molto, rispetto al 2010, ma su base annua
cresceva ancora dello 0.4%. Oggi, dopo un anno di governo illuminato, siamo in piena recessione: il PIL è a -2.2%. E malgrado i tanti proclami rassicuranti (che
spostano invariabilmente l’inizio della ripresa al secondo semestre dell’anno
successivo) resterà sottozero anche nel 2013. Bel colpo.
Un anno fa, prima che Monti venisse a salvarci, la
disoccupazione era all’8.5%, oggi viaggia in doppia cifra e, notizia di poche ore fa, ha sfondato quota 11% con il numero dei disoccupati che si prepara
a tagliare il traguardo dei tre milioni.
Lo spread però è sceso, dirà qualcuno. Vero, ma non certo per merito di SuperMario e dei suoi compagni di cordata. Alla fine di Luglio, quando il governo di salvezza nazionale era già insediato da 8 mesi, eravamo ancora ben oltre la soglia di guardia, a quota 530 per l'esattezza. Se oggi l'emergenza si è raffreddata è solo grazie al varo del fondo salvastati europeo, che ha fatto scendere nella stessa misura (circa 200 punti) anche lo spread dei Bonos spagnoli. O vogliamo credere che l'Agenda Monti sia tradotta anche in spagnolo?
Lo spread però è sceso, dirà qualcuno. Vero, ma non certo per merito di SuperMario e dei suoi compagni di cordata. Alla fine di Luglio, quando il governo di salvezza nazionale era già insediato da 8 mesi, eravamo ancora ben oltre la soglia di guardia, a quota 530 per l'esattezza. Se oggi l'emergenza si è raffreddata è solo grazie al varo del fondo salvastati europeo, che ha fatto scendere nella stessa misura (circa 200 punti) anche lo spread dei Bonos spagnoli. O vogliamo credere che l'Agenda Monti sia tradotta anche in spagnolo?
Ciliegina sulla torta: pochi giorni fa l’Ocse ci ha informati che i nostri consumi privati hanno avuto il peggior tracollo mai
visto nel nostro paese dai tempi della Seconda Guerra Mondiale. E questi in effetti
sembrano davvero i numeri di un guerra, dove però il "nemico" (sempre in senso metaforico) ce l’abbiamo in casa e insistiamo anche per dargli le chiavi per restarci.
Il luminare ha operato. L’operazione è riuscita, i colleghi
applaudono. Il paziente purtroppo è
morto, ma nessuno l’ha ancora avvisato, quindi ufficialmente è in salute.
Che sarebbe finita così l’avevano previsto in tanti (anche
questo blog). Non che sia un gran merito, non ci vuole il Nobel per l’economia, e
nemmeno una cattedra alla Bocconi, per capire che una politica recessiva porta
alla recessione.
E non serviva la sfera di cristallo nemmeno per prevedere
che, malgrado questo bagno di sangue, avremmo mancato anche gli obiettivi di
risanamento dei conti pubblici. A oggi il pareggio di bilancio nel 2013 è
lontano di diversi miliardi di euro (rapporto deficit/Pil stimato al 2.9% alla
fine del 2013 sempre secondo l’Ocse). I conti non tornano e non possono tornare
perché una cura fatta solo di tasse taglia la testa alle imprese e stacca la
spina ai posti di lavoro di migliaia di persone, gente che se avesse potuto continuare a
lavorare oggi pagherebbe le tasse allo stato, invece è a spasso e versa all'erario Euro 0.00, loden o
non loden.
Il mondo oggi non pasteggia con caviale e champagne, ma non siamo nel
2009, non c’è la scusa della recessione globale. Oltre alla “solita” Cina, la
Germania cresce, gli USA crescono (poco ma crescono), la Gran Bretagna cresce. L’area Euro presa
tutta intera va su e giù intorno allo zero, ma noi il nostro segno meno ce lo
siamo guadagnati da soli con una politica che, nella miglior tradizione del Bel
Paese, ha deciso di far pagare il conto solo all’economia privata rifiutando
ogni seria ipotesi di taglio strutturale della spesa pubblica. Il motto è
“tassa di più per poter spendere come prima” e tutto questo con l’appoggio di
un partito cosiddetto liberale che ancora si chiede perché i suoi consensi si siano
dimezzati negli ultimi 12 mesi.
L’Agenda Monti è il diario di un anno tra i peggiori che l’Italia ricordi, ma nel 2013, con le elezioni alle porte e un polo liberaldemocratico quasi completamente dissolto, rischiamo di trovarcene sul tavolo una addirittura peggiore.
Intanto questo esecutivo ha munizioni ancora per quattro mesi. La guerra continua.
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